martedì 3 aprile 2012

11 Luglio 2011


Sono un contrabbandiere di armi. Non ho mai perso una sola notte di sonno in vita mia. Non ho mai cercato di uscire dal giro e soprattutto non ho mai incontrato nessuno che lo avesse fatto o che volesse farlo. Al contrario. C’è sempre stata la fila all’ufficio assunzioni!
Personalmente non ho mai avuto un allievo. Non che questo mi dispiaccia particolarmente. Mi secca molto di più di non aver avuto figli nonostante abbia una bellissima moglie e svariate amanti.
A dirla tutta, forse uno ne ho, ma non ho mai voluto approfondire la cosa. Perché in fin dei conti non me ne frega niente, immagino.
Nel 2001 ho studiato a New York e facevo più o meno coppia fissa con una bella ragazza della Pennsylvania, Erin, tosta ed imperdibile come tutte le irlandesi. Questa che ti fa? Dopo un anno che ero rientrato in Europa, ti manda una foto di lei con un bimbo in braccio. Al contrario di molti che millantano presunte capacità di riconoscere nei bambini piccolissimi affinità o somiglianze con i genitori, io non ci sono mai riuscito e quel bimbo non mi assomigliava neppure un pò. E quindi, storia chiusa!
Ho sempre avuto la mia base operativa a Kinshasa. Due o tremila benestanti e dodici milioni di disperati che si ostinano a chiamare cittadini, i più ottimisti, abitanti. Ma le mosche abitano la merda solo perché ci ronzano intorno? 
La città fa schifo non appena esci dall’unico quartiere europeo, e anche quello non è neppure lontanamente paragonabile all’ultima delle periferie occidentali.
I ristoranti di lusso però non mancano. Le puttane sono a buon mercato e tutte bellissime. I corpi sodi delle africane non hanno concorrenza con quelli poco tonici delle mie connazionali.
Personalmente preferisco le diciotto-ventenni. Ventidue anni al massimo. Molti amici e colleghi, vanno con quelle più piccole. Per quanto mi riguarda, ripeto, preferisco quelle più esperte.
Io mi voglio divertire con qualcuna che mi faccia divertire. Non mi va di scopare una che frigna tutto il tempo.

Il meglio si vede però nei locali notturni, quelli da cento dollari a portata, sinfonie di tacchi a spillo e di cosce e culi gestiti fin troppo male da gonne fin troppo corte in lotta perenne ed impari con la forza di gravità. C'è da far resuscitare i morti e far stare allegro i vivi! Molto allegro!

Di solito non parlo molto volentieri del mio lavoro. Il fraintendimento in un lavoro come il mio è dietro l’angolo ad ogni parola e quindi preferisco dire che lavoro nell’ambito delle importazioni. Che poi è vero! Importo dei beni che vendo ad un prezzo maggiorato rispetto all’acquisto per trarne un profitto utile al mio sostentamento e a quello della mia famiglia. Per famiglia, intendo, quella stronza di mia moglie.
Se potessi spiegarmi liberamente direi che il mio lavoro consiste fondamentalmente nel far rispettare gli equilibri, lo statuts quo, ed in seconda battuta, anche a mantenere la pace. E credo di non essere molto lontano dall’onestà intellettuale nel mio pensiero. Per me ci sono due tipi di commercio e di commercianti: quelli che vendono gioia e quelli che vendono dolore. Barman, ristoratori, pasticcieri di torte nuziali, pusher quando la roba è buona, sicuramente vendono gioia. E poi ci sono quelli che vendono dolore: becchini, farmacisti, carrozzieri, pusher quando la roba non è buona e così via.
Il mio lavoro si posiziona esattamente in mezzo. Intanto io vendo un mezzo che poi a seconda di com'è utilizzato diventa anche un fine. E nel mio caso, solitamente il fine vale ben qualche cadavere. 
E quindi, se mi si può accusare di qualcosa, l’unica cosa di cui sono colpevole è dell’aumento dell’entropia nell’universo, ma in fin dei conti anche la fusione del ghiaccio nei cocktail avviene per entropia ed i baristi non si sentono in colpa di alcunché. Anzi, il loro è uno dei mestieri più belli del mondo.
Incassi lo stipendio in contanti tutte le sere, non spendi soldi per andare a bere nei locali ed in più hai tutte le donne che vuoi a portata di mano, e solitamente sono tutte bellissime e tiratissime pure se al mattino sono dei mostri. Ma l’importante è che te le sei scopate durante la notte quando erano al massimo della loro appariscenza.

 A mio avviso, la terza guerra mondiale non è mai scoppiata solo grazie alla corsa agli armamenti nucleari. I russi e gli americani hanno passato quarant’anni ad armarsi e a mostrare i muscoli senza avere reciprocamente il coraggio di sparare un solo missile.
Se avessero avuto fucili e pistole invece che caccia-ricognitori e super tecnologie per il tracciamento, saremmo già alla quinta, forse sesta guerra mondiale.
Fondamentalmente l’invasione sovietica dell’Afghanistan, come la crisi dei missili cubani sono state delle scaramucce più psicologiche che balistiche in senso stretto. Già in quegli anni si capì che le guerre del futuro, quelle serie, si sarebbero combattute con i missili a lunga gittata e l’atomica. La costituzione delle basi chiamate Forze Missilistiche Strategiche come quelle di Cuba negli anni '60 era semplicemente la risposta di Nikita Chruščёv al programma di riarmo voluto da Kennedy.

Da questo punto di vista, io m’identifico, se non proprio comunista, quantomeno non capitalista. Io lavoro con le guerre plebee, direi quasi proletarie. Un giorno l’atomica sarà sganciata da qualcuno in giacca e cravatta con le chiavi giuste e che si è svegliato storto perché la moglie gli ha rifiutato un pompino la notte prima.
Non ci vuole nessuna laurea ad Harvard per premere il grilletto di un qualsiasi fucile-mitragliatore, stendere per sempre una decina di negretti e far scoppiare una rivolta, che se Dio vuole, si trasformerà in guerra civile od in un bel massacro. 

Quelli che imbracciano le armi al giorno d’oggi sono i poveracci con i mitra e con le mine. Sono anche quelli che mi fanno fare l’80% del fatturato, ma sono sempre poveracci che s’ammazzano senza una ragione apparente, od al massimo, per conquistare qualche fazzoletto di terra da lasciare ai figli che a loro volta verranno ammazzati da qualche poveraccio più poveraccio di loro.

Io personalmente non ho mai lavorato con l’uranio e le armi nucleari. Magari potessi farlo! Ma quello è un altro giro. E anche le regole del gioco sono completamente differenti.

Comunque, solo chi non ha mai avuto una pistola puntata in faccia non può capire quanto sia importante girare armati e pronti a fare fuoco, che poi è la cosa che fa la differenza. Tutti possono avere un’arma in tasca, e se Dio vorrà sarà così, ma quanti riusciranno mai ad utilizzarla?

Ricordo come se fosse ieri il primo cadavere che ho visto. Era morto con un’espressione talmente stupida sul volto da sembrare quasi comico. La stessa faccia che si fa quando ci si lascia impressionare da un film dell’orrore o quando ci si trova di fronte ai fari di una macchina che di notte ti viene incontro a tutta velocità.
Il mio primo cadavere, cioè la prima ed ultima persona che ho fatto secco si chiamava Mobolo. O almeno così credo di aver capito. O almeno questo è quello che gridavano i suoi compari quando gli ho fatto saltare la testa, mandandolo anzitempo a scoprire se il buon Dio è bianco o nero. 
Scoprii il quel preciso istante che il sangue, saranno stati complici anche i pezzetti di cervello, ha un colore rosa. Il sangue nei film è sempre molto più rosso. Mi sa che lo fanno col succo di pomodoro o roba del genere.
Quel che mi consola è che di tutti i contrabbandieri che conosco sono l’unico che ha ucciso qualcuno per necessità, cioè per evitare di finire al Creatore, gli altri solitamente utilizzano dei miserabili raccattati per strada per calibrare i mirini o per le dimostrazioni di fuoco.
Del resto, una delle regole fondamentali non scritte del contrabbando d’armi è: non farti mai sparare dalla tua stessa merce.

            Il povero disgraziato di Mobolo mi aveva puntato addosso un’arma scarica solo per farmi paura e rapinarmi dei pochi dollari che avevo addosso. Mi dico che in quella occasione fummo sfortunati entrambi. Lui perché voleva rapinarmi mentre facevo la scorta al mio primo carico e quindi ero evidentemente agitato e con il grilletto facile. Io perché ero al mio primo carico ed essendo agitato avevo il grilletto facile.